Racconti 3
tramontana o libeccio, egli usciva di casa all'alba e andava alla piazza del Mercato, quasi dovesse sorvegliare lui l'arrivo degli ortolani che portavano
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basso, nell'ombra; molti altri sono divenuti ricchi e potenti quando egli cadeva, prima a poco a poco e poi ruinosamente, nella miseria. I suoi quadri
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un'aquila, oh, no! ma era certamente una brava persona. Egli aveva letto su pei giornali molte chiacchiere intorno a questi maledetti invisibili
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restare celibi; non si può servire a due padroni, egli afferma. - Sarei giudice e parte nella quistione - rispose il dottor Maggioli. - Per ciò riferirò
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condannato? - Innocente, non poteva giustificarsi. Quel che egli aveva fatto era proprio incredibile. La giustizia umana fu indulgente, dichiarandolo pazzo; ne
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, tendendogli affettuosamente le mani. «Scusa la mia importunità - egli disse. - Ti sapevo mattiniero». «Infatti ... Ma iersera sono andato a letto molto
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niente di serio. Ci provavamo alla vita, ognuno a suo modo; lui agendo, io fantasticando. Egli aveva inventato una parola che meriterebbe di essere
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ragazzo servitogli da modello era morto ed egli non aveva piú trovato chi potesse sostituirlo. Glielo ripetevo ogni volta che tornava a tentarmi
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il suo medico di famiglia. Nella giornata, c'incontravamo di rado, e scambiavamo, in fretta e in furia, un saluto. Egli aveva i suoi affari; io i miei
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in ogni suo atto quella vivacità e quell'entusiasmo che poi produssero le «quarantottate»! ... Non rida, giovinetto mio - egli proseguí, rivolgendosi a
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tenga piú su la corda! - disse la baronessa. - Avevamo studiato medicina insieme nell'università di Bologna; io per campar la vita; egli, ricchissimo
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mossa mista di dispetto e di maraviglia per quell'ostinazione che non si scoraggiava neppure davanti alle sfuriate con cui talvolta egli si sentiva
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dispiaceva che la sera del lunedí appresso al caffè Mola, davanti a tutti i numerosi avventori, egli dovesse dichiarare solennemente: «Lavigna è un vile!» Non
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fingemmo di applaudire. Io però tentai d'impedire che Viosci bevesse il bicchiere di vino che si era subito versato. Ma egli, afferratomi il polso, me
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solenne Dominus vobiscum, lasciava trasparire dagli sguardi la sua maraviglia di non vederla a quel posto; non era mancata mai da che egli aveva
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! Si promettono tante cose, si fanno tanti giuramenti ... e poi! ... A quest'ora egli attende nel civettuolo quartierino preparato unicamente per me
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isbaglio ... Una volta vuotato, anche a metà, anche per un terzo ... è fatta; la Fortuna ripassa raramente per dove è passata ... Basta! E per ciò egli dice
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nel mio organismo dall'imprudenza commessa». Per quanto io fossi già ridotto a non maravigliarmi di niente, mentre egli mi esponeva il suo caso, stavo
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. - Bisogna fare un po' di bene a questo mondo! L'egoismo è il peggiore dei peccati! - egli rispondeva alteramente. Ma, forse, per lui la caccia agli
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«persona amica» era una donna; ci voleva poco a capirlo. Chi mai? La calligrafia del biglietto non gli avea rivelato niente. Ed egli non aveva neppur
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marito. Il giorno dopo egli si presentò a casa mia. Compresi subito l'enormità del mio atto e mi proposi di esser calmo. Era calmo anche lui. «Vengo a
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affettuosa signora!» Egli mentisce, sapendo di mentire, come suol dirsi! «Ma c'è il ... terzo incomodo, l'amico intimo!» scrive il corrispondente. Se
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sentenza che non si aspettava, cosí convinto egli era del suo buon diritto, ed ebbe la mortificazione di vedere il vecchio Liscari stropicciarsi le
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Questo nomignolo egli lo portava, credo, sin dalla nascita. Aveva avuto fretta, a quel che pare, di venire alla luce qualche mese prima del tempo
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importare nulla del buon successo di quell'impresa. Egli ha ben altro da fare - è vero, signor Canonico? - per portarsi all'inferno tante belle signore
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senso di doloroso smarrimento; profondamente indignato che qualcosa dentro di lui, a lato di lui (qualcosa che egli riconosceva cosí intima parte di sé da
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dovesse egli attingere uguale ordine nelle idee. - In primis et ante omnia, lei non ha prove lampanti. - Ho qualche cosa di meglio: la confessione di mia
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domandato piú volte - egli riprese dopo di aver riacceso la sua grossa pipa - perché le facoltà iniziali delle bestie non oltrepassino mai, neppure nella
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egli dubita, e piange spesso, in segreto. È dunque cieco costui da non accorgersi che quegli occhi hanno pianto? È strano: io provo la stessa sofferenza
Accademia della crusca
